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Chiesa Nazionale
Sintomo della sempre maggior affluenza di pellegrini nella città papale, giunti da tutta l’Europa per visitare le tombe degli apostoli, iniziarono a sorgere a Roma alla fine del Medio Evo le “Chiese Nazionali”, intorno alle quali era costruito un ospedale che offriva ospitalità e assistenza medica a chi proveniva da quella nazione. È il caso di S. Maria in Monserrato per gli Spagnoli, di S. Luigi dei Francesi, di Santa Maria dell’Anima per i Tedeschi. Lo stesso avviene per quanto riguarda la Chiesa della Nazione Portoghese a Campo Marzio, prima dedicata a Santo Antonio Abate e successivamente identificata con il più popolare di tutti i Santi Portoghesi: Sant’Antonio di Padova, nato nella capitale lusitana e dunque chiamato in Portogallo “Sant’Antonio di Lisbona”.
Per rinforzare il suo carattere portoghese, la Chiesa allarga durante i secoli il numero dei santi la cui vita o le origini si collegano direttamente al Portogallo, rappresentati negli altari e negli affreschi. La lista di Santi che segue è accompagnata da informazioni raccolte on line o nella bibliografia indicata, ed illustra la vita di questi personaggi rappresentati nella Chiesa portoghese
 

 

Iconografia dei Santi

ANTONIO
Nella Chiesa dedicata a Sant'Antonio, ci sono tre rappresentazioni del Santo nato a Lisbona.
La prima per importanza e dimensioni è l'opera del pittore palermitano Giacinto Calandrucci (1646-1707), commissionata da Caterina Raimondi Cimini per l'altare maggiore. Rappresenta un'apparizione della Vergine e del Bambino a Sant'Antonio, che vediamo in atto di adorazione.
Nella cappella di Santo Antonio Abate, rinnovata tra il 1935 e il 1937, fu collocata la preziosa tavola di Antoniazzo Romano (2ª metà del sec. XV) con la Madonna in trono col Bambino tra i santi Francesco d'Assisi e Antonio di Padova, proveniente dalla cappella dell'antico Convento Portoghese di Santa Maria delle Nevi di Palazzolo, sul Lago di Albano.
Infine, nella Sacrestia della Chiesa, il pittore Salvatore Nobili (2ª metà del sec. XIX), autore di altre opere nella Chiesa e nell'Istituto, dipinse a tempera sul soffitto il Miracolo di Sant'Antonio che difende il Padre accusato di omicidio.

Biografia
Sant'Antonio di Padova, al secolo Fernando Bulhão (Lisbona, 15 agosto 1195 - Padova, 13 giugno 1231) è stato un frate francescano, ed è santo e dottore della Chiesa cattolica , che gli tributa da secoli una fortissima devozione.
Prima agostiniano a Coimbra (1210), poi (1220) francescano, viaggiò molto vivendo prima in Portogallo quindi in Italia. Nel 1221 incontrò, alla Porziuncola, san Francesco d'Assisi, che lo inviò all'eremo di Montepaolo, presso Forlì, dove iniziò la sua attività di predicatore. Professore di teologia e nello stesso tempo predicatore, combatté l'eresia catara, specialmente in Francia, con estremo vigore e notevole successo. Fu trasferito poi a Bologna e quindi a Padova, città di cui è patrono. Morì all'età di 36 anni in concetto di santità. Per la mole di miracoli attribuitegli venne canonizzato a un anno dalla morte da papa Gregorio IX. Pio XII, che nel 1946 ha annoverato sant'Antonio tra i dottori della Chiesa cattolica, gli ha dato il titolo di dottore evangelico, in quanto nei suoi scritti e nelle prediche che ci sono giunte era solito sostenere le sue affermazioni con citazioni del Vangelo.
La grande Basilica di Padova è dedicata a sant'Antonio; sia la basilica che sant'Antonio vengono comunemente chiamati in città "Il Santo". La sua data di nascita è data dalla tradizione. La sua festa cade il 13 giugno e a Padova, in occasione della ricorrenza, si svolge un'imponente celebrazione con processione.

(tratto da Wikipedia)

 


DAMASO, MANZO, VITTORE E GERALDO
Quattro santi legati alla Penisola Iberica: Damaso (sec. IV), Manzio (sec. V), Vittore (sec. XI) e Geraldo (sec. XII).
Francesco Grandi (1831-1891) è ancora l'autore dei quattro pennacchi da cupola che rappresenta quattro figure la Chiesa nati e legati in qualche modo al territorio della Penisola Iberica, prima della fondazione del Portogallo indipendente: il Papa Damaso I (sec. IV), rappresentato con la tiara pontificia con una pergamena; il martire Manzio (sec. V), che oltre ad essere stato vescovo di Évora è rappresentato con vestiti di grande semplicità, con la palma del martirio; Vittore (sec. XI), martire di Braga è ritratto come un vecchio ecclesiastico, mostrando la palma e Geraldo (sec. XII), l' abate francese che venne a Toledo e fu eletto Vescovo di Braga, nelle sue vesti episcopali reggendo il bastone pastorale .

Damaso I, Papa
Nel Liber Pontificalis si legge: «Damasus natione Hispanus ex patre António sedit. ann. XVIII mns. III dies XI; fuit temporibus Iuliani». Gli anni del pontificato sono compresi fra il 366 e il 384, e in base all'autorevole testemonianza di S. Girolamo, secondo cui «prope octogenarius sub Theodosio principe mortuus est» (De viris illustribus, 3), possiamo fissare la data di nascita di D. verso il 304-305. D. stesso, nelle sue iscrizioni, ci dà notizie della sua famiglia. Del padre Antonio, nell'iscrizione da lui posta nella chiesa che edificò in onore di S. Lorenzo, dice: «Hinc pater exceptor lector levita sacerdos». Il padre dunque era stato un scrivano, un raccoglitore di notizie; entrato quindi nel clero, raggiunse il sacerdozio, dopo essere passato per gli ordini minori e maggiori, di cui espressamente sono ricordati il lettorato e il diaconato. Della madre, D. ci fa sapere che si chiamò Lorenza, visse ottantanove (o novantanove) anni, consacrò a Dioi sessant'anni di vedovanza, e vide lietamente la quarta generazione; ebbe anche una sorella di nome Irene , la quale votò a Dio la sua verginità. No sappiamo invece come D. passò la giovinezza (…) Le Gesta Liberii che risalgono al sec. VI, ci presentano D. come presbitero, proclamato, anzi, dal papa Liberio in esilio suo vicario, ad un'adunanza di presbiteri e diaconi romani, che si teneva in uno dei cimiteri della via Salaria nel giorno di Pasqua. (…) D., salito sulla cattedra di Pietro, tenne condotta conciliante; adunò in Roma due concili, uno nel 371, l'altro nel 374: in essi, senza condannare nominatamente glia aderenti alle eresie, condannò gli errori contro lo Spirito Santo e contro la perfetta umanità di Cristo. (…) Particolare cura D. ebbe per i libri dal momento che affidò la conservazione del suo nome presso posteri alla creazione di una biblioteca in aedibus paternis: «Archivis facteor volui nova condere tecta. Quae Damasi teneant per aecula nomen.» I contemporanei lo considerano inoltre un cronista ideale. (…) L'iconografia del santo ed i suoi attributi appaiono ispirati all'attività pratica svolta dal pontefice nella sua vita, piuttosto che agli episodi miracolosi, come in genere avviene. Egli infatti viene rappresentato recante in mano un volume della Bibbia, «vulgata» per suo incarico da S. Girolamo (…) o il modello di una chiesa , forse allusivo alla sua attività di restauratore dei sepolcri dei martiri. Altro più raro e oscuro attributo è l'ostensorio. Chiaramente ispirato all'etimologia latina del suo nome (Adamas) è invece il diamante che appare incastonato nell'anello del pontefice. (…)

Francesco Negri Arnoldi
in Enciclopedia dei Santi.

 

 

Mancio (Manzio), Vescovo di Evora
Poche sono le notizie sicure che possediamo intorno a questo santo. Forse era di origine romana e fu ucciso dai Giudei nel territorio di Évora in Portogallo il 15 maggio. Non si conosce l'anno del suo martirio e neppure il secolo, che alcuni ritengono il V o il VI. Le pretese di coloro che lo dicono vissuto nel I sec. e che lo fanno il primo vescovo di Évora non hanno fondamento. Le reliquie furono venerate nella chiesa a lui dedicata, ad Évora, fino agli inizi del sec. VIII, epoca dell'invasione dei musulmani, quando venero trasferite al monastero benedettino di Villanueva di S. Mancio, in diocesi di Palencia, la cui chiesa fu consacrata a M. nel 27 Maggio 1195. A Sahagún, probabilmente nella stessa epoca, gli si dedicò un'altra chiesa nella quale, nel 1565, fu trasferita la testa. Nel 1592 fu inviato un braccio alla chiesa a lui dedicata in Évora, come attesta il Breviario di questa diocesi, stampato nel 1702. La festa ci celebra a Évora il 21 Maggio, alla stessa data segnata dagli Atti leggendari, dal Martirologio di Floro e da alcuni mss. di quello di Usuardo. Baronio, alla stregua del Trujillo nel suo Thesaurus concionatorum, gli assegnò la data del 15 Maggio, data in cui si celebra anche la festa del Varones Apostolicos. (…)

Pietro Burchi
in Enciclopedia dei Santi

 

 

 

Vittore
Le prime notizie che ci attestano la sua esistenza risalgono al sec. XI, e sono dunque anteriori all'abbandono della liturgia ispanica. La sua memoria la troviamo in tre calendari silensi e da essi sappiamo solamente il nome, e che fu martire di Braga. Della stessa provenienza e dello stesso secolo è una brevissima passio conservata nel passionario del monastero. Da questo testo sappiamo che V., ancora catecumeno, un giorno si trovò a passare davanti ad un corteo di persone che portavano la statua di un dio verso il fiume Este; egli allora si mise ad inveire contro e subito fermato fu tradotto davanti al preside; si confessò cristiano, e fu condannato alla decapitazione, dopo essere stato tormentato. Niente altro apprendiamo di questo testo. I martiriologici del Seicento, sulla base di questa notizia, la arrichiscono un po', con qualche dettaglio nuovo. Così affermano implicitamente che morì alla fine delle persecuzioni romane; V. non provocò i pagani, furono piuttosto questi ad esortarlo ad offrire dell'incenso all'idolo, mentre egli rifiutò decisamente ed intavolò con essi un'accesa discussione; affermano in concreto che fu sottoposto al tormento della flagellazione e finiscono ricordando che nel luogo dove morì, presso il fiume, alla distanza di mille passi, fu edificata una chiesa in suo onore. L'esistenza di un culto immemorabile ci è attestata come abbiamo detto nel sec. XI fuori di Braga, nel monastero di S. Domenico di Silos nella Pastiglia; è perciò naturale pensare che nella sua città il culto fosse antichissimo, benché delle prove concrete non ci siano. Solamente sappiamo che nel 1102 il vescovo di Compostella, Gelmírez, visitò Braga, portando con sé al ritorno gran parte delle reliquie custodite nella chiesa di V. Per il David, il titolare di questa chiesa sarebbe il Vittore martire di Cesarea. Questa chiesa era parrocchia già nel sec. XII. Non sappiamo però se fra le reliquie portate da Gelmírez c'erano pure quelle di V. Sta di fatto che nella città si continuò a credere che vi fossero rimaste; ma nel 1590 l'arcivescovo di Braga, Agostinho de Castro, fece una ricognizione del sepolcro senza però trovarne le reliquie. Nel 1686, la chiesa di V. era quasi totalmente rovinata e così l'arcivescovo Luís de Sousa la ricostruì magnificamente a sue spese. Infine, nel 1747, la parrocchia fu divisa in due, data la eccesiva estensione di essa, dando così origine all'altra di S. Giuseppe. Nel Martirologio Romano V. si trova alla data del 12 Aprile.

Rafael Jiménez Pedrajas
in Enciclopedia dei Santi.

 

 

Geraldo, Vescovo di Braga
L'arcivescovo di Toledo, Bernardo, legato del papa per la riforma ecclesiastica in Spagna, chiamò intorno a sé diversi chierici e monaci francesi, fra i quali G., abate di Moissac, che fu nominato maestro di canto nella cattedrale di Toledo. Quando la sede di Braga divenne vacante, G. fu eletto dal clero e dal popolo della città e l'arcivescovo lo confermò. Visitò la diocesi, cercando di porre rimedio agli abusi che vi erano stati introdotti, tra cui l'investitura ecclesiastica data da laici. Circondato dai discepoli, morì a Bornos (Portogallo) il 5 Dicembre 1109, giorno in cui se ne celebrava la festa in tutta la Penisola Iberica. Non è commemorato nel Martirologio Romano.

Manuel Sotomayor
in Enciclopedia dei Santi

 

 

GIOVANNA
Accompagna le Beate Sancia, Teresa e Mafalda nella cupola e nella cappella maggiore la tela di Michelangelo Cerruti (1663 – 1748) La Beata Giovanna del Portogallo rifiuta nozze regali – la Beata Joana, conosciuta in Portogallo come Santa Giovanna Principessa, completa il ciclo delle infante portoghesi beatificate.

Giovanna
Figlia del re Alfonso V di Portogallo, fin da bambina manifestò un'ardente sete di santità e il desiderio di consacrarsi a Cristo. Ma solo dopo aver vinto le forti opposizioni del padre e della corte, poté entrare nel monastero di Aveiro. Il fratello e il padre la costrinsero ripetutamente e con prepotenza a lasciare il monastero, per proporle dei matrimoni a scopo politico. Giovanna riuscì sempre a ritornare nel monastero di Aveiro, dove condusse una vita di austera penitenza e di umiltà.
Giovanna, figlia di Alfonso V, Re del Portogallo, fu implorata dal cielo con molte preghiere, perché mancava l'erede alla corona. Alla sua nascita, nel 1452, i tre stati di quella corona giurarono di riconoscerla come loro Principessa ed erede al Trono, in caso venisse a mancare la prole maschile. A tre anni Giovanna restò senza mamma, la quale morì dando alla luce l'erede atteso. L'augusta bimba crebbe come fiore d'altare squisitamente educata dalla Principessa, Donna Beatrice de Meneses, sua istitutrice. L'ardente pietà e la purità angelica davano un incanto particolare alla straordinaria bellezza di Giovanna, che giovanissima fu chiesta in sposa da ben tre pretendenti, il Delfino di Francia, Massimiliano d'Austria e dal Re d'Inghilterra. Ma essa, scossa da un amore più grande, aveva già stabilito in cuor suo di vestire le bianche lane Gusmane. Il suo rifiuto fu reciso. Allora cominciò quella lotta eroica che le costò indicibili amarezze, per ottenere la libertà di dedicarsi tutta a Dio. Non si trattava di espugnare soltanto il cuore paterno, ma tutto il regno che si opponeva al suo disegno, essendo essa Principessa prescelta, e al mancare del fratello, unica erede del Trono. Solo il 4 agosto 1472 poté vestire l'Abito Domenicano nell'osservantissimo Monastero di Aveiro, dove la sua breve vita fu tutto un olocausto d'amore e di sacrificio. Morì all'ora da lei predetta il 12 maggio 1490, ad Aveiro. Alla recita delle Litanie dei Santi, giunti all'invocazione “Omnes Sancti Innocentes, orate pro ea”, alzò gli occhi al cielo e spirò dolcemente. Sulla sua tomba fiorirono miracoli senza numero. Papa Innocenzo XII il 31 dicembre 1692 ha confermato il suo culto.

Franco Mariani
in www.santiebeati.it

 

 

GIOVANNI DI DIO
Un altro Santo nato in Portogallo
Nella Sacrestia si trova anche il ritratto di S. Giovanni di Dio, che essendo nato in Portogallo si recò in Spagna dove si convertì e fondò l'Ordine dei Fratelli Ospitalieri, più nota come Fatebenefratelli.

San Giovanni di Dio
João Cidade, nato a Montemor-o-novo, presso Evora (Portogallo) l'8 marzo 1495, all'età di otto anni scappò di casa. A Oropesa nella Nuova Castiglia, dove sostò per la prima tappa, la gente, non sapendo nulla di lui, neppure il cognome, cominciò a chiamarlo Giovanni di Dio e tale rimase il suo nome. Fino a 27 anni fece il pastore e il contadino, poi si arruolò tra i soldati di ventura. Nella celebre battaglia di Pavia tra Carlo V e Francesco I, Giovanni di Dio si trovò nello schieramento vincitore, cioè dalla parte di Carlo V. Più tardi partecipò alla difesa di Vienna stretta d'assedio dall'ottomano Solimano II. Chiusa la parentesi militaresca, finché ebbe soldi nel borsello vagò per mezza Europa e finì in Africa a fare il bracciante; per qualche tempo fece pure il venditore ambulante a Gibilterra, commerciando paccottiglia; stabilitosi infine a Granata vi aprì una piccola libreria. Fu allora che Giovanni di Dio mutò radicalmente indirizzo alla propria vita, in seguito a una predica del B. Giovanni d'Avila. Giovanni abbandonò tutto, vendette libri e negozio, si privò anche delle scarpe e del vestito, e andò a mendicare per le vie di Granata, rivolgendo ai passanti la frase che sarebbe divenuta l'emblema di una nuova benemerita istituzione: "Fate (del) bene, fratelli, a voi stessi". La carità che la gente gli faceva veniva spartita infatti tra i più bisognosi. Ma gli abitanti di Granata credettero di fare del bene a lui rinchiudendolo in manicomio. Malinteso provvidenziale. In manicomio Giovanni si rese conto della colpevole ignoranza di quanti pretendevano curare le malattie mentali con metodi degni di un torturatore. Così, appena potè liberarsi da quell'inferno, fondò, con l'aiuto di benefattori, un suo ospedale. Pur completamente sprovvisto di studi di medicina, Giovanni si mostrò più bravo degli stessi medici, in particolar modo nel curare le malattie mentali, inaugurando, con grande anticipo nel tempo, quel metodo psicoanalitico o psicosomatico che sarà il vanto (quattro secoli dopo ... ) di Freud e discepoli. La cura dello spirito era la premessa per una proficua cura del corpo. Giovanni di Dio raccolse i suoi collaboratori in una grande famiglia religiosa, l'ordine dei Fratelli Ospedalieri, meglio conosciuti col nome di Fatebenefratelli. Giovanni morì a soli cinquantacinque anni, il giorno del suo compleanno, l'8 marzo 1550. Nel 1630 viene dichiarato Beato da Papa Urbano VII, nel 1690 è canonizzato da Papa Alessandro VIII. Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 viene proclamato Patrono degli ammalati, degli ospedali, degli infermieri e delle loro associazioni e, infine, patrono di Granata.

Piero Bargellini
in www.santiebeati.it

 

 

IMMACOLATA
Immacolata Concezione, Patrona e Regina del Portogallo
L'Immacolata Concezione, celebrata dalla Chiesa l' 8 Dicembre, è il dogma che afferma che Maria fu preservata del peccato fin dal primo momento della sua vita, data la sua vocazione di Madre del Figlio di Dio fatto uomo.
Questo dogma è intimamente legato alla storia del Portogallo, in quanto il 25 marzo 1646 Giovanni IV, alla vista dell'immagine dell'Immacolata nel Santuario di Vila Viçosa (Alentejo, Portogallo) e come ringraziamento della vittoria nella guerra della Restaurazione dell'Indipendenza, la proclamò patrona e regina del Portogallo, essendo stata sempre rappresentata con la corona reale sul capo.
Si ricordi che Giovanni IV è stato il protagonista del golpe che liberò il paese da 60 anni di dominazione spagnola, il 1 dicembre 1640, e quando il 15 dello stesso mese fu incoronato re del Portogallo (il primo della Dinastia di Bragança), fu l'ultimo monarca portoghese ad indossare la corona, offerta sei anni dopo alla Vergine.
Dipinta a Roma, in un ambiente estraneo a questa tradizione, nonostante fosse stata commissionata dall'Ambasciatore del Portogallo Manuel Pereira de Sampayo, la magnifica tela di Giacomo Zoboli (1681-1767) non rappresenta l'Immacolata con la corona.

IRIA E ENGRAZIA

Santa Iria e Santa Engrazia (cappella di Santa Catarina)
Accanto a Santa Catarina d'Alessandria, santa di devozione del Cardinale di Alpedrinha D. Jorge da Costa, e probabilmente introdotta a quell'epoca tra i santi della Chiesa portoghese, le martiri Iria (o Irene, séc. VI) e Engrazia (séc.XI) sono rappresentate così semplicemente con la palma del martirio e le due corone di santità, che se non fosse per la leggenda che le identifica, difficilmente si potrebbero riconoscere nelle belle figure femminili di questa pittura anonima dell' inizio del secolo XVII le due sante di origine portoghese.

Iria (Irene)

Una Vita leggendaria, stampata nei Breviari di Braga (1494) e di Évora (1548), racconta che I. era suora in un monastero nei pressi della città di Nabancia (oggi Tomar), nel Portogallo, alla fine del sec VI; Britaldo, figlio del notabile Castinaldo, si sarebbe innamorato di lei al punto che, non osando confessare a una vergine consacrata il suo amore, si ammalò gravemente, senza che i medici chiamati al suo capezzale riuscissero a trovarne la causa. I. però, saputa la cosa per divina rivelazione, si premurò a far vista a Britaldo per pregarlo di rinunciare al suo affetto se voleva riavere la salute; quello accettò, ma la minacciò di morire qualora venisse a sapere che lei avesse ceduto all'amore di un altro uomo: dopo di che guarì per intercessione di I. La virtù di questa venne in seguito insidiata da un suo direttore spirituale, il quale, decisamente respinto, riuscì a farle bere una misteriosa pozione che provocò in I. i sintomi di una prossima maternità. Ingannato da queste apparenze, Britaldo mise in atto la sua minaccia, ordinando a un suo servo di decapitare I. il cui corpo venne gettato nel fiume Nabanis (oggi Nabão), dal quale fu trascinato verso il fiume Ozecarus (Zêzere) e quindi nel Tago fino al castrum Scallabis. Le sacre spoglie furono trovate il giorno dopo dall'abate Selio, illuminato da una divina rivelazione; al suo appressarsi le acque del Tago si prosciugarono miracolosamente ed apparve il corpo presso un bellissimo sepolcro, ma, non avendo potuto rimuoverlo, fu tumulato in quel sepolcro miracoloso, dopo averne asportato alcune reliquie. Le acque del fiume tornarono poi a ricoprire tutto. La testimonianza più antica del culto si trova nel calendario dell'Antiphonarium mozarabicum della cattedrale di León (sec. X). A Scallabis, venne eretta una basilica in onore di I. che vi fu considerata come una santa e martire locale; il nome della città si cambiò poi nell'attuale di Santarém (Santa Iria) La festa ci celebra il 20 Ottobre, probabilmente data non della morte della santa, ma della consacrazione della basilica. Il Martirologio Romano ne fa memoria nello stesso giorno, traendo la notizia dagli agiologi portoghesi e spagnoli.

Justo Fernández Alono
in Enciclopedia dei Santi.

 

 

Engrazia di Braga
Promessa dai genitori in matrimonio, mentre aveva consacrato a Dio la sua verginità, fuggì verso la Pastiglia. Inseguita dal promesso sposo, venne raggiunta nei monti di Caravajales (oggi Carabajales de Alba, prov. Zamora) e da lui decapitata; la testa, gettata dall'uccisore in una laguna, fu qui miracolosamente ritrovata e quindi portata alla chiesa cattedrale di Badajoz. Le spoglie furono sepolte nella chiesa di un monastero agostiniano, poi trasferite nel paese di Caravajales e per molto tempo si conservò la chiesetta del vecchio monastero consacrata a E. dove si trovava una pala d'altare in cui era rappresentata la storia del martirio. Non si conosce la data del martirio ed è soltanto sicuro che i musulmani dominavano ancora un'ampia parte della Spagna. Solano di Figueroa accenna all'epoca del re Ferdinando I, verso il 1050. Nel 1580 si restaurò il culto di E. a Badajoz, dopo un'interruzione dello stesso, assegnandone la memoria al 3 Aprile, facendo appello alla vecchia consuetudine della diocesi.

Justo Fernández Alonso
in Enciclopedia dei Santi.

 


ISABELLA
Dopo le quattro infante beatificate parliamo ora di Isabella, discendente dei Re di Aragona, che con il matrimonio diventa Regina del Portogallo e la cui bontà e miracoli, rievocati dal popolo, portano alla sua canonizzazione. La cappella della crociera destra della Chiesa è dedicata a lei, e il quadro dell'altare che la ritrae riconciliando il marito, D. Dionigio con il figlio, futuro D. Alfonso V, è di Luigi Agricola (1750-1821).

Regina Santa Isabella del Portogallo
Elisabetta o Isabella di Aragona ( Saragozza , 1271 - Estremoz, Portogallo , 4 luglio 1336 ), fu una regina, moglie di Dionigi, re del Portogallo e santa della Chiesa cattolica, nota come Sant'Elisabetta di Portogallo . Figlia del re di Spagna Pietro III di Aragona e della regina Costanza di Sicilia , nacque ad Aragona nel 1271. Andò in sposa nel 1288 al re Dionigi del Portogallo il quale aveva fama di pessimo carattere. Fu un matrimonio travagliato dalle infedeltà del marito e successivamente dal comportamento dal più ribelle dei due figli, Alfonso . La tradizione afferma che diede sempre esempio di carità cristiana, rivolgendo particolare cura ai malati di Lisbona , e si prodigò per pacificare le contese. Si occupò anche dei figli illegittimi del marito, e assistette quest'ultimo gravemente malato fino alla morte; l'affettuosa dedizione della moglie pare ne favorì la conversione in extremis al cattolicesimo. La descrizione delle sue opere venne assunta come prova dell'efficacia della sua testimonianza cristiana e condotta di vita. La cosa la favorì nel processo di canonizzazione. Morto il marito nel 1325 donò la corona al Santuario di Compostela dove fece pellegrinaggio , e donò quasi tutti i suoi averi ai poveri ed ai conventi; entrò poi dopo essersi fatta francescana del Terz'Ordine , nel monastero delle clarisse a Coimbra , monastero da lei stessa fatto erigere. Uscì da questo una sola volta nell'inutile tentativo di pacificare i dissidi tra suo figlio Alfonso IV e il di lui genero. Morì a Estremoz nel 1336 . Il suo corpo fu riportato al monastero di Coimbra, e nel 1612 durante un'esumazione lo si trovò incorrotto; fu chiesta quindi la canonizzazione. Già nei primi tempi dopo la morte c'erano pellegrinaggi alla sua tomba e circolavano voci di miracoli. Finché, nel 1625 , papa Urbano VIII celebrò la solenne canonizzazione in Roma . Si ricorda il 4 luglio ; in passato l'8 luglio , ma localmente anche in altre date. Un elemento che la caratterizza è il rosario . Il messale romano la descrive in questo modo:«Figlia di Pietro, futuro re d'Aragona, e sposa dodicenne di Dionigi re di Portogallo, sostenne con eroica abnegazione prove e difficoltà, e agì come angelo di pace per appianare gravi dissidi sorti nell'ambito della famiglia e del regno. Rimasta vedova (1325) e divenuta terziaria francescana, visse gli ultimi anni nel colloquio con Dio e nella carità verso i poveri»

in  www.santiebeati.it

 

 

MIRACOLO DI OURIQUE
Il miracolo di Ourique
Nella volta della navata della Chiesa di Sant'Antonio, Salvatore Nobilia affrescò, durante i restauri del 1869-70, l'apparizione del crocifisso a D. Afonso Henriques, durante la Battaglia di Ourique contro i mori – avvenuta nel Basso Alentejo nel 1139, il giorno di Santiago. Nonostante l'inferiorità numerica, la vittoria fu netta a tal punto che da quel momento Afonso iniziò ad usare il titolo di Re del Portogallo. Nello stemma del Portogallo, infatti, sono rappresentati i cinque scudi ognuno con cinque bisanti, rappresentando i re mori vinti in questa occasione.
La leggenda del miracolo nasce soltanto a partire dal secolo XIV, servendo con l'apparizione di Dio al sovrano per legittimare l'indipendenza politica del Portogallo.


NUN' ALVARES E FRANCESCO SAVERIO
Due santi legati alla storia del Portogallo

Nella Sacrestia della Chiesa troviamo due tele dal formato ovale, che ritraggono due figure importanti strettamente legate alla storia della Chiesa e del Portogallo: il Beato Nuno Álvares Pereira, eroe militare dell'indipendenza portoghese, che dedicò gli ultimi anni della sua vita alla preghiera, dando esempio di una vita santa, e S. Francesco Saverio, che pur essendo nato Spagna dedicò la sua vita alle missioni nei territori portoghesi d'Oriente

Beato Nuno Álvares Pereira
Nacque a Cernache do Bonjardim, nei pressi di Lisbona, il 24 giugno 1360 da don Alvaro Goncalves de Pereira, il quale ricopriva il ruolo di grande maestro di uno dei rami dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni in Gerusalemme. All'età di tredici anni si trasferì alla corte del re Ferdinando del Portogallo per avviarsi alla carriera militare. Sin da piccolo aveva apprezzato le leggende di re Artù e come Galahad desiderava restare celibe e porsi al servizio del proprio sovrano. Sposò poi invece, a diciassette anni, Leonor de Alvim, da cui ebbe tre figli. Ne rimase vedovo nel 1387. Appena ventitreenne fu designato quale generale al comando delle forze armate portoghesi e l'investitura avvenne per mano del grande maestro dei Cavalieri di Aviz, che dopo due anni acese al trono con il nome di Giovanni I. Godendo di universale rispetto, accompagnò alla vittoria i suoi uomini nella battaglia di Atoleiros combattuta contro l'esercito della Pastiglia. In tal modo il Portogallo ottenne definitivamente l'indipendenza dagli altri regni della penisola iberica. Nel 1422 avvenne quel grande colpo di scena che lasciò stupita l'intera corte: Nuno fondò un nuovo convento carmelitano a Lisbona e vi si ritirò per il resto dei suoi giorni come fratello laico, assumendo il nome di Nuno de Santa Maria. Il 1° aprile 1431, domenica di Pasqua, mentre era intento a leggere la Passione secondo Giovanni ed aveva appena letto il passo “Ecco tua madre!”, spirò. Tutta la corte intervenne alle solenni esequie ed alla sepoltura nel convento carmelitano di Lisbona di colui che già era acclamato dal popolo santo ed eroe nazionale. Inoltre, poiché sua figlia Beatrice era andata in sposa al duca di Braganca Alfonso, figlio primogenito del re Joao I, Nuno è a tutti gli effetti considerato il fondatore di questo casato che regnò sul Portogallo sino al 1910 con D. Manuel II. Il papa Benedetto XV decise di confermare ufficialmente il culto tributato a Nuno Alvares Pereira, riconoscendogli il titolo di “beato” in data 23 gennaio 1918. Il sommo pontefice Pio XII pensò poi di riavviare la causa di canonizzazione il 28 Maggio 1941 e, in seguito ad un avvenuto miracolo utile a tal scopo, il 13 luglio 2003 è stato aperto il processo diocesano per esaminare la condotta di santità del Beato Nuno e dimostrarne le virtù eroiche, attraverso dichiarazioni di santità e raccolta di tutti i documenti che abbiano qualche relazione con la causa.

Fabio Arduino
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San Francesco Saverio
Questo pioniere delle missioni dei tempi moderni, patrono dell'Oriente dal 1748, dell'Opera della Propagazione della Fede dal 1904, di tutte le missioni con S. Teresa di Gesù Bambino dal 1927, nacque da nobili genitori il 7-4-1506 nel castello di Xavier, nella Navarra (Spagna). Francesco non sarebbe diventato un giurista e un amministratore come suo padre, né un guerriero come i suoi fratelli maggiori, ma un ecclesiastico come un qualunque cadetto del tempo. Per questo nel 1525 si recò ad addottorarsi all'università di Parigi sognando pingui benefici nella diocesi di Pamplona. Assegnato nel collegio di Santa Barbara alla medesima stanza del Saverio, il fondatore della Compagnia di Gesù aveva visto a fondo nell'anima di lui, gli si era affezionato. A Bologna specialmente il Saverio si acquistò fama di predicatore e di consolatore dei malati e dei carcerati, ma in sei mesi si rovinò la salute dandosi ad austerissime penitenze. S. Ignazio lo chiamò a Roma come suo segretario; nella primavera del 1539 egli prese parte alla fondazione della Compagnia di Gesù e, l'anno dopo, fu mandato al posto di Nicolò Bobadilla alle Indie Orientali in qualità di legato papale per tutte le terre situate ad oriente del capo di Buona Speranza, in seguito alle insistenti preghiere rivolte da Giovanni III, re del Portogallo, a Ignazio per avere sei missionari. Durante il penoso viaggio a vela, protrattosi per tredici mesi, il Saverio si sovraspese per l'assistenza spirituale ai 300 passeggeri facenti parte non certo della "buona società", nonostante che per due mesi avesse sofferto il mal di mare. Una notte, all'ospedale di Mozambico, avendolo il medico trovato tremante di febbre, gli ordinò di andare a letto. Poiché un marinaio stava morendo impenitente, gli rispose: "Non posso andarci. Un fratello ha tanto bisogno di me". Stabilitosi nel collegio di San Paolo a Goa, cominciò il suo apostolato (1542) tra la colonia portoghese. Dopo cinque mesi il governatore delle Indie lo mandò al sud del paese dove i portoghesi avevano costruito le loro fortezze, avviato i loro commerci e battezzato gl'indigeni e i prigionieri di guerra senza sufficiente preparazione. Molti di essi erano ricaduti nell'idolatria, come i pescatori di perle della costa del Paravi i quali, otto anni prima, avevano chiesto il battesimo per essere difesi dai maomettani. Francesco, che non possedeva il dono delle lingue, con l'aiuto d'interpreti tradusse subito nei loro idiomi le principali preghiere e verità della fede. Poi, per due anni, passò di villaggio in villaggio, a piedi o su disagevoli imbarcazioni di cabotaggio, esposto a mille pericoli, fondando chiese e scuole, facendosi a tutti maestro, medico, giudice nelle liti, difensore contro le esazioni dei portoghesi, salutato ovunque quale Santo e taumaturgo. "Talmente grande è la moltitudine dei convertiti - scriveva egli - che sovente le braccia mi dolgono tanto hanno battezzato e non ho più voce e forza di ripetere il Credo e i comandamenti nella loro lingua". Predicò per quattro mesi nell'importante centro commerciale di Malacca; visitò l'arcipelago delle Molucche; nell'isola di Amboina, presso la Nuova Guinea, riuscì ad avvicinare la popolazione impaurita di un villaggio stando seduto e cantando tutti gl'inni che sapeva; si spinse fino all'isola di Ternate, estrema fortezza dei portoghesi, e più oltre ancora, fino alle isole del Moro, al nord delle Molucche, abitate da cacciatori di teste. Raggiunta Malacca nel dicembre 1547, la Provvidenza fece incontrare al Saverio un fuggiasco giapponese, Anjiro, desideroso di farsi cristiano per liberarsi dal rimorso cagionatogli da un delitto commesso in patria. Il Santo rimase talmente sedotto dalle notizie da lui avute sul Giappone e i suoi abitanti che concepì un estremo desiderio di andarli ad evangelizzare. Dopo aver provveduto per il governo del Collegio di San Paolo a Goa e l'invio di missionari nelle località visitate, parti per il Giappone in compagnia di Anjiro, suo collaboratore. Sbarcò a Kagoshima, nell'isola di Kiu-Sciu, il 15-8-1548. Il principe Shimazu Takahisa lo accolse gentilmente, e mentre egli studiava la lingua del paese, Anjíro convertiva al cattolicesimo oltre un centinaio di parenti e amici.
Quando nell'inverno del 1551, richiamato da urgenti affari, il Saverio ritornò in India, in Giappone c'erano oltre 1.000 cristiani. Nel rigido inverno, il Saverio si ammalò di polmonite, e privo com'era di ogni cura morì in una capanna il 3-12-1552 dopo avere più volte ripetuto: "Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me! 0 Vergine, Madre di Dio, ricordati di me!". Il suo corpo fu seppellito dal servo nella parte settentrionale dell'isola, in una cassa ripiena di calce. Due anni dopo fu trasportato, integro e intatto, prima a Malacca e poi a Goa, dove si venera nella chiesa del Buon Gesù. Paolo V beatificò il Saverio il 21-10-1619 e Gregorio XV lo canonizzò il 12-3-1622. Si calcola che il Santo missionario abbia conferito il battesimo a circa 30.000 pagani.

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SANCIA, TERESA E MAFALDA

Le tre Infante della prima dinastia Portoghese, tutte figlie del secondo Re del Portogallo, D. Sancio I, furono rappresentate nei medaglioni della cupola della Chiesa dal pittore Francesco Grandi (1831-1891) durante il restauro del 1869-70.

Teresa e Sancia già erano stati ritratti da Giovanni Odazzi (1663 – 1731) in una delle pareti della cappella maggiore, quadro della quale fu realizzata un'incisione e varie riproduzioni in Portogallo.

Sancia
La principessa Sancia fu figlia di Sancio I, secondo sovrano portoghese, quindi sorella delle beate Mafalda (2 maggio) e Teresa (17 giugno). Nata a Coimbra intorno al 1180, rinunciò al matrimonio per conservare la verginità ed entrare nel 1229 tra le Cistercensi di Cellas, nel monastero che aveva precedentemente contribuito a fondare nel 1216, nel quale prese anche l'abito regolare. Morì in Portogallo, presso Coimbra. Fu beatificata nel 1705 dal pontefice Clemente XI con la sorella Teresa.
La Beata Sancia del Portogallo, al secolo principessa Sancha Sanches de Portugal, fu la figlia secondogenita di Sancio I, secondo sovrano portoghese. Suoi nonni paterni furono Mafalda di Savoia, figlia del conte Amedeo III, ed Alfonso I Henriques, primo re del Portogallo. Sono dunque sorelle di Sancia le beate Mafalda (2 maggio), badessa di Arouca, e Teresa (17 giugno), regina di Castiglia e Leon, caso non unico nel vasto panorama di santità fiorito alle corti europee: sono infatti venerate come sante anche le tre sorelle principesse ungheresi Margherita, Kinga e Iolanda. Sancia nacque nella città portoghese di Coimbra intorno al 1180 ed alla morte del padre nel 1211 avrebbe dovuto ereditare, secondo le disposizioni testamentarie di quest'ultimo, il castello di Alenquer e tutto ciò che concerneva tale possedimento, compreso addirittura il titolo di “regina” in quanto signora di tale castello. Il nuovo sovrano Alfonso II, suo fratello, volendo accentrare nelle sue mani tutto il potere, non accettò dunque tale testamento ed impedì all'infanta Sancia di prendere possesso dei suoi titoli e dei redditi a lei spettanti, così come alle altre due infante sue sorelle Mafalda e Teresa. Ormai spogliata di ogni suo diritto, la principessa preferì rinunciare al matrimonio per conservare intatta la sua verginità ed entrare nel 1229 tra le Cistercensi di Cellas, nel monastero che lei stessa aveva precedentemente contribuito a fondare nel 1216, nel quale prese anche l'abito regolare e trascorse il resto dei suoi anni. Vi morì dunque il 13 marzo 1229. I suoi resti mortali furono poi fatti traslare a Lorvão dalla sorella Teresa. Proprio unitamente a lei, il 13 dicembre 1705 Sancia venne beatificata dal pontefice Clemente XI con la bolla “Sollicitudo Pastoralis Offici”. Il Martyrologium Romanum, nonché il calendario dell'ordine cistercense, commemorano la beata Sancia in data 11 aprile.

Fabio Arduino
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Teresa
Teresa nacque nella città portoghese di Coimbra nel 1181 e sposò il suo consanguineo Alfonso IX, re di Castiglia e Léon, al quale diede tre figli: Sancha, Dulce e Fernando. Nel 1196 tale matrimonio fu dichiarato nullo per «impedimentum affinitatis» e quattro anni dopo Teresa si ritirò nel convento benedettino di Lorvão, che lei stessa aveva precedentemente fondato, e dopo averlo trasformato poi in abbazia cistercense nel 1229 prese il velo religioso. Morì il 18 giugno 1250 e venne sepolta a Lorvão, accanto a sua sorella Sancia, che lei stessa aveva fatto traslare.
La Beata Teresa del Portogallo, al secolo principessa Teresa Sanches de Portugal, talvolta citata come Tarasia o Tareja. Esponente della numerosa prole di Sancio I, secondo sovrano portoghese, suoi nonni paterni furono Mafalda di Savoia, figlia del conte Amedeo III, ed Alfonso I Henriques, primo re del Portogallo. Sono dunque sorelle di Teresa le beate Mafalda (2 maggio), badessa di Arouca, e Sancia (11 aprile), monaca cistercense. Nacque nella città portoghese di Coimbra nel 1181 e sposò il suo consanguineo Alfonso IX, re di Castiglia e Léon, al quale diede tre figli: Sancha, Dulce e Fernando. Nel 1196 tale matrimonio fu dichiarato nullo per “impedimentum affinitatis” e quattro anni dopo Teresa si ritirò allora nel convento benedettino di Lorvao, che lei stessa aveva precedentemente fondato, e dopo averlo trasformato poi in abbazia cistercense nel 1229 prese il velo religioso.Alla morte del padre Sancio I nel 1211, l'infanta Teresa avrebbe dovuto ereditare, secondo le disposizioni testamentarie di quest'ultimo, il castello di Montemor-o-Velho e tutto ciò che concerneva tale possedimento, compreso addirittura il titolo di “regina” in quanto signora di tale castello. Il nuovo sovrano Alfonso II, suo fratello, volendo accentrare nelle sue mani tutto il potere, non accettò dunque tale testamento ed impedì a Teresa di prendere possesso dei suoi titoli e dei redditi a lei spettanti, così come alle altre due infante sue sorelle Mafalda e Sancia. Alla morte dell'ex marito nel 1230, Teresa favorì il passaggio della corona a San Ferdinando III, uno dei cinque figli avuti da Alfonso IX da un secondo matrimonio con Berengaria, figlia di Alfonso VIII di Castiglia, incentivando così la pace tra i regni di Castiglia e di Léon.Risolte le diatribe dinastiche, Teresa potè dunque trascorrere il resto dei suoi giorni con circa trecento consorelle nel monastero portoghese di Lorvão, ove morì il 18 giugno 1250. Le sue spoglie mortali furono ivi collocate accanto a quelle di sua sorella Teresa, che ella stessa vi aveva fatto traslare. Il 13 dicembre 1705 Teresa venne beatificata dal pontefice Clemente XI con la bolla “Sollicitudo Pastoralis Offici”, unitamente alla sorella Sancia. Il Martyrologium Romanum, nonché il calendario dell'ordine cistercense, commemorano la beata Teresa in data 17 giugno.

Fabio Arduino
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Mafalda
Si ritirò nel celebre monastero di Arouca. Promosse la riforma del monastero chiamando le monache cistercensi, anch'essa vestì il loro abito. Ebbe molta notorietà la sua vita austera, il digiuno continuo, la veglia in preghiera di parecchie notti, il dormire sulla nuda terra. Favorì lo stabilirsi dei Francescani e dei Domenicani in Portogallo, si recava spesso a venerare l'antica immagine della Madonna posta nella cattedrale di Porto, al ritorno da uno di questi pellegrinaggi si ammalò gravemente per poi morire nel 1257.
Il nome di battesimo le viene dalla nonna paterna, Mafalda di Savoia, figlia di Amedeo III e moglie di Alfonso-Enrico, primo re del Portogallo, che è indipendente dal 1145. Lei invece è figlia di Sancio, secondo re portoghese, che muore nel 1211, lasciando la reggenza alla regina vedova e il potere effettivo al ministro Nuñez de Lara. Ed è a questo punto che entra in scena la giovane Mafalda. Anzi, in scena l'ha trascinata Nuñez, in nome della ragion di Stato: al Portogallo, fortemente impegnato nella guerra di reconquista contro gli arabi, è assolutamente indispensabile una stretta amicizia col confinante regno di Castiglia. E, per le buone amicizie, un matrimonio è quello che ci vuole; sicché - decide il ministro - Mafalda sposerà Enrico I di Castiglia: e non importa se lui è un ragazzino più giovane di lei (destinato a morire per una disgrazia nel 1217). A questo punto interviene papa Innocenzo III, per mezzo del suo legato, che impedisce il matrimonio (o forse lo annulla) perché Enrico e Mafalda sono parenti. Roma si immischia negli affari portoghesi perché questo regno, staccandosi da quello di Castiglia e León al tempo di Alfonso-Enrico, si era dichiarato vassallo della Santa Sede per averne protezione. Insomma, tutto va a monte e Mafalda finisce in convento. Sembra una definitiva uscita di scena per la principessa. Invece Mafalda diventa protagonista proprio ora che si ritira come ospite nel monastero di Arouca. Lì dentro deve notare molte cose storte; e che non sia tipo da sopportarle appare chiaro, quando decide di far piazza pulita di gerarchie e usanze, chiamando sul posto nel 1222 le monache cistercensi, dalla disciplina senza sconti. Diventa anzi una di loro. Poi si dà a creare ospizi e case religiose nei territori devastati dalla guerra, partecipando al grandioso sforzo collettivo per restituire vivibilità e fertilità alle campagne abbandonate. Lascia il monastero solo per i pellegrinaggi a Porto nella cattedrale, iniziata dalla nonna di cui porta il nome. Colpita da malattia in uno di questi viaggi, muore nel monastero in umiltà totale, coricata sulla cenere e col cilicio ai fianchi. Presto si comincia a parlare di miracoli avvenuti lì, presso la sua tomba. Una riesumazione del 1617 mostra il corpo ancora intatto. Papa Pio VI, nel 1793, ne autorizza il culto nelle comunità cistercensi.

Domenico Agasso


VINCENZO
San Vincenzo, patrono di Lisbona (cappella di Sant'Antonio Abate)
Nella cappella di Sant'Antonio Abate, un' antica tavola attribuita a Marcello Venusti (1512 – 1579) rappresenta il Santo titolare della cappella tra S. Sebastiano (altro Santo di devozione del Cardinale di Alpedrinha) e S. Vincenzo, rappresentato con una barca e con un corvo – simbolo della città di Lisbona. Secondo la leggenda, nel 1173 il primo re del Portogallo ordinò che le sue reliquie fossero trasportate dal capo di San Vincenzo, ( Sagres, Algarve) a Lisbona, e due corvi vegliarono le spoglie del santo che seguivano a bordo della barca. La presenza del santo tra gli altri santi della Chiesa si giustifica per il fatto che fu, molto probabilmente,ilo patrono dell'antico Ospedale della Chiesa di Lisbona a Campo de'Fiori, annesso da D. Antão Martins de Chaves nel 1467.

San Vincenzo, detto “di Saragozza”
Il diacono spagnolo S. Vincenzo è il martire più celebre della penisola iberica. Un secolo dopo il suo martirio, avvenuto probabilmente nel 304, S. Agostino gli dedicava tutti gli anni, in questo giorno, un'omelia. Gli Atti del suo martirio, apocrifi come molte Passioni di altri martiri, s'ispirano a documenti e tradizioni che non dovettero mancare di una certa veridicità. Ridotte all'essenziale, le notizie storiche sono che Vincenzo, nativo di Huesca, durante la persecuzione di Diocleziano venne tradotto in catene da Saragozza a Valencia, per essere processato dinanzi al governatore Daciano, insieme al suo vescovo, e a Valencia subì il martirio. A queste scarne notizie storiche fanno riscontro i coloriti racconti degli Atti. Il vescovo di Saragozza, assai maldestro in fatto di oratoria e balbuziente, ebbe la ventura di incontrare il giovane Vincenzo, bene equipaggiato culturalmente e particolarmente dotato nella parola. Ordinato diacono, Vincenzo ebbe l'incarico di coadiutore del vescovo per la predicazione del vangelo.
Intanto nell'impero romano esplodeva con estrema virulenza la persecuzione e Daciano, governatore di Valencia, non tardò a mettere in catene gli uomini più rappresentativi della Chiesa spagnola. Il diacono Vincenzo, tradotto in catene, a piedi, da Saragozza a Valencia, insieme col suo vescovo, non venne meno neppure in questa occasione al suo compito di banditore del vangelo e a nome del suo vescovo prese la parola per ribattere le accuse del governatore ed esporgli il messaggio evangelico senza le distorsioni della propaganda anticristiana. Daciano non ne rimase convinto, ma comprese che l'avversario da battere era proprio lui, Vincenzo. Per fiaccarne la resistenza, ordinò che fosse torturato. Il diacono di Saragozza, slogato e tumefatto, venne gettato in una buia celletta, il cui pavimento era stato abbondantemente cosparso di cocci taglienti per prolungare la tortura. Ma Vincenzo, con voce ancora squillante, intonò subito inni di ringraziamento a Dio. Il governatore, per togliergli quest'altro vanto, ordinò allora di farlo adagiare in un morbido letto, ma a questo punto il diacono morì.
Il suo corpo venne gettato in un campo in pasto agli animali selvatici, ma ecco giungere subito un corvo a difendere alacremente il cadavere dagli uccelli rapaci e dagli animali carnivori. Daciano allora fece gettare il corpo nel fiume dopo averlo fatto cucire in un sacco insieme ad una pietra; ma il corpo non affondò e, trasportato dalle acque e ritornato a riva, venne raccolto dai cristiani, che gli eressero una chiesa come tomba.


Piero Bargellini
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